PASCAL MUSICAL

                                      "LIBRETTO"

(il grassetto indica parti corali o a più voci)

 

Id Entità (a cappella)

(leit motiv)

Non mi trovo

Me me me meMe me me hh! Me me me meMe me me h!

Me me me meMe me me hh! Me me me me Me me me

Metto in mito un moto matto metto in moto tolgo ometto in toto

ammesso che mi sia concesso accesso all’umano consesso

mi schiaffeggi in questa sfida

muoio toro alla corrida

con le corna sempre avanti

mi sacrifico ai presenti

Non duello ma macello

Per chi porta il mio fardello

Il confronto non tra pari

Più che affronto,  affranto,  paria

desistenza solitaria

che spira l’etica nell’aria

ammorbata dal baratto:

tante parti per il tutto.

 

Maledetto sia Copernico!

(finchè il mondo era pensato piatto, l’uomo poeteva ergersi a suo sommo padrone. La perdita delle certezze che dispera la fragilità umana, introduce la vicenda)

 

la sorte che gira

la testa che gira

Il mondo che gira

fortuna che gira

l’incudine fermo

martello che sbatto

E tu che stai immobile ignobile immoto

   Gira a destra

gira a manca

gira, tira e non si stanca

  Gira volta

gira eppure

volge al dritto le storture

Il solco che gira 

Il soldo che evira

è sordo chi mira

al volgo, in gita va

La ruota che gira

Che non ti perdona

Girate persino seduti in poltrona 

  Guarda avanti

Vedi tutto

Poco è il bello, tanto il brutto

Vira a poppa

vira a prua

gira per la vita tua

 Ma- le- de -tto sia Copernico

tisico fisico accidenti a lui!

Dacché la terra s’è messa a girare

A strisciare come vermi noi

 Ma- le- de -tto sia Copernico

tisico fisico accidenti ormai

giriam matasse e finiamo carcasse

girasse soltanto per lui!

La storia  si sa                                 

Sì, si racconta ma tutto non si può provar

Quando era immobile il mondo plausibile

Almeno poteva sembrare

 Certo sapeva contare le stelle

Ma farle vedere agli uomini…

Peggio

Che il dito che punta nel cielo la luna:

lo stolto perfino l’ amputa!

Se ne conta tante

Tutto non si può provar

meno poteva sembrare

La sorte che gira…

 Ma – le - de -tto sia Copernico

Il sole nel cielo correva per noi

Dentro a trabiccoli, piccoli, labili

Soli corriamo oramai

 Ma- le- de -tto sia Copernico

tisico fisico accidenti ormai                      

giriam matasse e finiamo carcasse

girasse soltanto per lui!

La storia  si sa

Sì, certo conta ma tutto non si può contar

Quando eri immobile ed irreprensibile

Non ci facevi angustiare

C’è da fidarsi degli astri nel cielo 

I disastri li fanno gli uomini!

Son solo

impiastri e non fanno mai l’autocoscienza

Ma gli auto parcheggi, quelli sì

Qui si canta tanto

Tutto non si può contar

non ci facevi angustiare

 

L’educazione del Pinzone

(il bislacco precettore Pinzone propone una formazione su valori non correnti, il coro maschile banalizza sui soliti… ed infine lo chiude nella camici a di forza a mo’ di grillo parlante)

 

Certo chi crede nel buon selvaggio

Topi dei buchi dentro il for- maggio

non nel costante e applicato impegno

Ma se la testa cell’hai di legno?

muove l’accusa di erudizione

Non è questione non è una- scusa

all’educazione del Pinzone

tu lo sai chi è?

 

Un accidente della natura

non sarà mica davvero tonto?

sarebbe l’uomo senza cultura

Leggere scrivere e far di- conto?

letteratura che dura tanto

bruto sbadiglio e me ne- vanto

l’educazione del Pinzone

rima <non so che>

 

Senza la poesia

L’eloquenza della prosodia

E un buon lessico

Non il solito anoressico

Come piattola

Scarabattoli

 

La formazione sia permanente

che c’entra il calcio e la parru-cchiera?

l’informazione ma ottimizzando

noi ci cecchina noi ci co- mmando

una responsabilizzazione

una completa sottomi- ssione

l’educazione del Pinzone

A chi serve e a che?

 

Non certo sterile nozionismo

Noi non ci garba qualunque– ismo

Il qualunquismo sempre in agguato

Mo sto sofismo da dove è u- scito?

imparo a imparare, mai si finisce

Manco da solo lui si ca- pisce

sono ignorante, lo so da me

Ma parla per te!

 Senza la poesia

Unico rimedio all’asfissia

E un buon lessico

Non lo stolido anoressico

Sei una cimice

Con il camice

In fin che il mar fu sopra noi richiuso (Inferno VVXII, Carmelo Bene)                                       

Lo strabismo di Marte, Costa

(lo strabico Mattia e lo sforzo necessario [anche dell’autore vivente] per una visione lucida e critica, nonostante gli impedimenti propri e del proprio mondo)

 

 Lo strabismo di Marte

Costa parte brucia l’arte

Lo strabismo di Marte

Vivere in un modo a parte

 Lo strabismo di Marte

Prospettiva da disparte

Lo strabismo di Marte

Dà le dritte con le storte

l’Ostinato l’Ostinato l’Ostinato l’Ostinato

l’Ostinato l’Ostinato l’Ostinato l’Ostinato

l’Ostinato l’Ostinato l’Ostinato l’Ostinato

l’Ostinato l’Ostinato l’Ostinato inestimato

ci vedo pur senza gli occhiali

ci vedo traverso il prosciutto

guardo innanzi                                           

non mi lamento, anzi

e ci credo

di sbieco di sguincio ci vedo

lo vedo che siamo diversi

lo sento che siamo distanti

quando parlo

perché mi rode il tarlo

come un merlo

non fischio, non fiasco, ma ciurlo

 Lo strabismo di Marte

Costa parte brucia l’arte

Lo strabismo di Marte

Vivere in un modo a parte

 Lo strabismo di Marte

Prospettiva dal disparte

Lo strabismo di Marte

Dà le dritte con le storte

l’Ostinato l’Ostinato… ci ha stufato

vi guato con il cannocchiale

se scruto con il miscrospioco

mi fa male

pure mi serve a poco

ma non posso

il concavo fare convesso

mi vedo, mi odo, vi video

feroci, voraci, coriaceo

laterali, saettano i miei strali

sul groppone

di una mai riposta ambizione

 

La ballata di Batta Malagna

(l’avido ed impotente amministratore dei beni di famiglia che a poco a poco  riduce il disattento Mattia impunemente sul lastrico)

 

batta batta batta Malagna

Batte Malagna

batta batta batta Malagna

Blatte, Ma lagna!

 Dietro la schiena le mani

Sulle gambe corte allargo la pancia

E che pancia!

Ministro il secchio nel pozzo

Intrallazzo solo

tutto il grasso che colo Oh!

 Scavo soppiatto la fossa

E ti succhio il sangue fino alle ossa

Che mossa!

Madido scivolo sudo

Questa è la mia messa

E all’ammasso accumulo! Oh!

  Avido pare ch’io sia

Ma non ne ho colpa se  

Isterica a più non posso

per moglie ho un ossesso

un isterile amplesso per me, vuole da me!

 Mentre ne aspetto il decesso

Dovrò pure un po’pensare al futuro

Ch’è duro!

Soldo su soldo e non cesso

Metto le speranze tutte dentro le sostan

‘nze!

 Forse non d’intelligenza

Ma un esempio sono di continenza

che lenza!

Passo la vita all’ingrasso

Qualche volta sbuffo, però quanto sbafferò Oh!

 Sottraggo e dopo addiziono

perdono certo avrò

Colpa è del mondo cattivo

E se vuoi restar vivo, anche tu dovrai fare così, proprio così                                       

  batta batta batta Malagna

Batte Malagna

Senti il vuoto il vuoto Malagna!

Basta! La lagna!

 è la sorte che è così

cattiva

e la colpa di chi è

Boh!

 È la parte che è così

cattiva

e la colpa di chi è

Mah!

 è la vita che è così

cattiva

e la colpa di chi è

Boh!

 È la borsa che è così

cattiva

e la colpa di chi è

Mah!

 Me misero me tapino!

Biasimarmi chi può?

Pingue è il bottino ma caro è il destino

un po’ meno meschino, a comprarlo se vuoi,

solo se puoi…         

 

Buono a nulla

(il perdigiorno Mattia intanto vive tra amorazzi e pigrizia congenita… e dilapida il proprio tempo, secondo i più  [e le “sue” donne])

 

mosca contro il vetro solo te ne stai

Chiuso

leggi polveroso… bllla…

E i discorsi tutti inutili che fai

Uzzati

Da libri stampati… Bllla…

 Perdigiorno

Scriteriato e senza un perché

Perditempo così

Che il tempo non torna

Scioperato

senza arte e senza partè

(Non c’è dubbio che)

Indolente sprechi

La vita a far niente

Perdigiorno

Cittadino di serie c

Non produci niente

Leva renitente

Sfaccendato

E sbeffeggi il lavoro altrui

(e fagnano assai)

Bighellone tu sei

ormai vitellone

 Sei buono a nu

Sei buono a nulla allè

Acchiappafa

Acchiappafarfallè

Sei buono a che

Che si trastulla allè

Acchiappinu

acchiappanuvole

 A te la vi

Ta sembra bella là

Ti ciucci il di

To dalla culla là

Sei buono a nu

Sei buono a nulla la

Sei buono a nu

Sei buono a nulla allè

Neanche un padre per i vizi è l’ozio tuo

Dato

Che sei protestato… Bllla…

neghittoso pigro ozioso e zuzzure

llone, fossi abigeato… blllla…

Perdigiorno

Manco il fannullone sai far

Che riposo non ha

Chi è sempre moroso

Scioperato

Siffatto scansafatiche

(gli amorazzi sì)

Non produci beni

Non puoi consumarli

Perdigiorno

Persa la nazionalità

Langui a struggerti

già tutto ormai strutto

Scioperato

Sampietrino senza pavé

(Non hai ruolo qui)

e non avrai posto mai

la mutua ti basta

 A la vorar!  A fa ticar!

 

Exit Poll, ovvero la sconfortante scarsità di tronche per l'italico autor  (22/3/94')

(Mattia stanco dell’esistenza asfittica che si conduce nel paese natio,  medita di troncare e fuggire, ma poche sono le parole tronche)

 

Più giù l'exit poll

non c'è qui pro quo

laggiù gioventù

bla bla libertà

 Da qui me ne andrò però benché‚ vieppiù lacchè‚

così kappao casqué‚ sofà parquet felici, mai

fai da te vin bru‚ più ralunedì tribù ammazzacaffè

socie veloci robot metro checché cit

3x2 di pancarrè finché‚ dossier bidet a gogò nel mare, cuore amore fiore [cuore amore fiore]

cambierà, altroché‚ cachet su e giù se è morto Goebbels, Pinochet                         5                                              

 Qui chi si mi boh più blu perché‚ cioè ci manchi tu

se non che velocità non tornerà la liber                        

ora dì giacché‚ purché‚ sarà purè o serie                      

già però Totò così età Ninì Tirabusciò                          

tu tu tu tu  blu blu blu blu                                         [me la canto]

no no no no  ma ma m'ama                                       [me la suono]

quantità è libertà tv tv se Pino c’è

 Più non c’è la varietà Zazà sai dove sta?

Il robot però non so tsze tsze giacchè tribù più non c’è

Dova vai come mai cerchi guai non lo sai sì che lo sei,  cioè?

Poi mi dai se ce la fai la serie sciusc bla bla

Fa da sé chi fa per tre popò anzichè pipì però nel mare, cuore amore fiore [cuore amore fiore]

cambierà, altroché‚ cachet su e giù se è morto Goering, Pinochet

 Né bignè né beaujolais sfottò pubblicità d’essai

dove va l’età che cambierà tv tv, mai più                  [sole, solo]

detto fatto c’è caffè com’è comò chissà se va

sul sofà si dà osè che c’è in tv pubblicità                 [non volo]

ahimè sì così perché ormai ahinoi poi piangerò           

[me la canto, me la suono]

non c’è il Che Lenin né Castro Gorbaciov ma Pinochet

 

Sfora le palanche!

(vince quattrini a palate al casinò, e con il poco senso pratico che lo caratterizza, si sforza di  ipotizzarne un valido impiego…)

 

Il contante le finanze liquidi

che sono sostanze

faccio tanto di rispetto

al concetto ch’è uno solo

gli averi i fondi i capitali

il patrimonio persino

pura convenzione

conta bile astrazione

con gli scudi i papabraschi la pecunia

ed i baiocchi

banconote le mie note

ridi a babbo con gli gnocchi

liquidi sostanze bezzi sghei dindi

conquibus pila

in soldoni dicono

solidi dobloni

Rien ne va plus

jeux sont faites

piange ormai il croupier

il grisbì

ce l’ho sì

ma ora che ci fo’?

lo strombazzo in faccia ai miei

o spando e spendo dalle Alpi ai Pirenei?

  Mi alzo il mattino e già faccio bisboccia

Compro una mucca che fa il cappuccino

Compro una nuvola per far la doccia

Affitto un asilo e ritorno bambino

Via le palanche,

(tante ne ha) Chiudo le banche                

(troppe ce n’è)

Faccio volare davvero i somari

Sfoggio che scialo da gran parvenu

Stappa il grano da ogni intoppo passi ovunque

con il malloppo

puoi cavarti da ogni impiccio

puoi pagare a tutti il pizzo

il denaro sporco, quello fresco,

quello sudato e contato

sperpero aggettivi

ablativi mai dativi

manigoldi e maramaldi con i soldi

tutti sono spavaldi

son spacconi tutto

è facile se c’hai i milioni

estrarre, la logica dal caso

è come dire estrarre

il sangue dalle pietre

perirebbe un prete

Che bijoux

questi cheque

sono un passepartout

jeux sont faites

rien ne va plus

non ci torno più

o ci torno come un re

da sciccoso di gran pompa coi danè

  Mi alzo il mattino e già faccio bisboccia

Compro una mucca che fa il cappuccino 

Compro una nuvola per far la doccia

Affitto un asilo e ritorno bambino

Via le palanche,

(tante ne ha) Chiudo le banche

(troppe ce n’è)

Faccio volare davvero i somari

Sfoggio che scialo da gran parvenu

  Mi compro un posto all’inferno di Dante

mi compro il nome dell’innominato

assumo Orlando e lo faccio mansueto

da Recanati la siepe distante

con il quattrino

(quanto ne hai?) tutto scombino

(è quello che vuoi?)

al soldatino di stagno la gamba

quanta cuccagna e guadagno che c’è!

  Quando vivevo di una miseriola

Ora sollucchero nell’opulenza

Faccio fluire da questa affluenza

Che la coscienza non è banderuola

lusso nell’agio (quanto ne hai?)

Io mi bambagio  (magio che sei!)

Ora che non sono al soldo dei soldi

Spendo fior fior di quattrini giacchè

Quel che faccio è di meee!

 

 

 

Id Entità

(leitmotiv) Mattia, riconosciuto morto decide di non tornare a casa ed inventarsi invece una nuova vita ed identità

 

Ì ì ì ì  Ì ì ì hh! Ì ì ì ì  Ì ì ì hh!

Ì ì ì ì  Ì ì ì ì  Ì ì ì ì  Ì ì ì Iden

DendendendenDendenden hh!

Dendendenden  Dendendenhh!

DendendendenDendendenden

DendendendenDendendenDenti

Ti ti ti ti  Ti ti ti hh! Ti ti ti ti  Ti ti ti hh!

Ti ti ti ti  Ti ti ti ti Ti ti ti ti  Ti ti ti Tita

Tà tà tà tà Tà tà tà hh!Tà tà tà tà Tà tà tà hh!

Tà tà tà tà  Tà tà tà tà Tà tà tà tà  Tà tà tà tàta

Indetta indetta indetta indetta

Indetta indetta indetta indetta

Indotta indotta indotta indotta

Indotta indotta indotta indotta

Se attenuta nitida e distinta inflitta afflitta tedia

Tenditi fidente quanto Tetide mediante a tutto

Induttiva riflettente

Deduttiva titubante

Non mi posso mai fermare

mi dovrò sempre formare

dietro niente tutto avanti

non ho diritto ad un presente

già passato da un istante

già fuggito appena chiamato

tra gli astanti tra i distanti

tra i cantanti non mi trovo!

Mi mi mi mi Mi mi mi hh! Mi mi mi mi Mi mi mi hh!

Mi mi mi mi Mi mi mi hh!Mi mi mi mi  Mi mi mi mi

Mistifica mistifico mistifica mistifico

sofistico sofistica sofistico sofisticato        

derubato depredato definito deceduto

disarmato disossato differito dileguato

sempre uguale mai diverso

ho giocato tutto e ho perso

Non mi posso mai fermare

mi dovrò sempre formare

dietro niente tutto avanti

non ho diritto ad un presente

già passato da un istante

già fuggito appena chiamato

tra gli astanti tra i distanti

tra i cantanti non mi trovo!

Ca ca ca ca Ca ca ca hh!Ca ca ca ca Ca ca ca hh!

Ca ca ca ca Ca ca ca hh!Ca ca ca ca Ca ca

Cattività passiva che etichetta questa inetta vita attiva 

fuggo i piombi sbotto sbatto nella stiva accatta il primo

acchito e incetta per diletto l’ideato ha estinto

tracotante per editto espettorato è diventato

l’ideante un pentito

del difetto di un’ente pensante

Non mi posso mai fermare

mi dovrò sempre formare

dietro niente tutto avanti

non ho diritto ad un presente

già passato da un istante

già fuggito appena chiamato

tra gli astanti tra i distanti                         7

tra i cantanti non mi trovo!

Me me me meMe me me hh! Me me me meMe me me h!

Me me me meMe me me hh! Me me me me Me me me

Metto in mito un moto matto metto in moto tolgo ometto in toto

ammesso che mi sia concesso accesso all’umano consesso

mi schiaffeggi in questa sfida

muoio toro alla corrida

con le corna sempre avanti

mi sacrifico ai presenti

Non duello ma macello

Per chi porta il mio fardello

Il confronto non tra pari

Più che affronto,  affranto,  paria

desistenza solitaria

che spira l’etica nell’aria

ammorbata dal baratto:

tante parti per il tutto.

 La sostanza avanza

sborda eccede la capienza

sbava incontinente

la purea incostituente

feco la moleco

l’atomo smarrito ma

perfino a pezzi i quanti

sono a stento già ansimanti

l’elettrone nel pallone

l’elemento dà sgomento

i cinesi più operosi

tutti arresi alla paresi

pure l’ultimo neutrino

scaricato in un tombino

 

 

 

I denti taaa!

I denti taaa!

 

 

 

Viaggio nel primo mondo, alla ricerca del secondo

(“Adriano Meis”,  girovaga apolide per l’Europa, ma presto si accorge di essere straniero ovunque e comunque)

 

Finalmente son riuscito ad andare via

Son scappato, son partito, senza nostalgia

 Un saluto, un epitaffio

Un graffio, nulla più

Verso un mondo mai esplorato

il primo no il terzo no

il primo no e il secondo?

Sulle strade, sulla nave, con le ferrovie

Tutte perse le lasciate, mai son state mie

E chi ha avuto avuto ha date

E sempre tornerà

Fosse il mondo già cambiato

il primo no il terzo no

il primo no e il secondo?                       

 Nel primo mondo c’è ovunque la corrente elettrica

Tutte le strade che vanno proprio dove è utile

E proprio facile basta avere l’automobile

Di girare per il primo sono stufo già

E se il terzo è troppo duro,  il quarto fa pietà

 Vorrei proprio un nuovo mondo

Chiedo troppo ma

Mi accontento del secondo

Ma dove sta nessuno sa

Solo dov’è il primo e il tre

 Il primo mondo è un po’ tozzo e c’è la telecrazia

Non si respira ed è rozzo ma a che serve andare via

Chi  scappa certo non cambia

Quello che vedi qui l’hanno fatto gli altri uomini

Ovunque tu vada qui resti in mezzo ad altri uomini

Se questo non ti va cambia, inizia col cambiare tu                                

 

 

 

Il valzer del minuto amore

(l’aria della leggiadra Adriana, che, mesta, manda avanti la piccola pensione di famiglia)

 

Son delicata

Inadeguata

A un’esistenza ingrata

Diafano il mio colorito

L’ho smarrito invano

La persona mia non pesa

Lunga è l’attesa per

 Me che in due lo direi col tre

Quarti di valzer

Minuto amore pur

 Magra piccola esile

Un quarto di vita

Un terzo i fianchi

 Ci si illude

facilmente

è la virtude vincente per me

 Fugge l’attimo a cottimo

Appena vissuto

Sembra perduto ma

 Lo sgabuzzino

Serba per me

Tutto il destino che c’è

È una reggia anche il solaio

Il ripostiglio una hall

E l’affetto mio pur grande

Sta in un cassetto

 L’amor leggiadro e leggero va

Di ogni suo istante

fammi baccante

 anche se è un minuto contato e via?

Anche annegato

In quella Stia

 docilmente

strenuamente

contrasto il niente col poco che c’è

 Fugge l’attimo a cottimo

Appena vissuto

Sembra, perduto non è

 

 

A tutto c’è rimedio fuorché alla vita

(Paleari affittacamere, impiegato statale in pensione, stralunato teosofista appassionato di spiritismo, vive completamente avulso dalla realtà dei vivi)

 

 Tengo a pensione e prendo anche l’affitto

Ma certo non ci cavo un gran profitto

Che di chi è vivo non mi curo assai

Perché è dei fatti dei morti che ho fatto i fatti miei

 Parlo con gli angeli

ma anche coi poveri diavoli

tutto è medianico l’aldilà

e chi muore ci rivede dal di qua!

 Del senno di poi son piene le fosse

Per questo mi preparo, mica fesso!

A tutto c’è rimedio fuorché alla vita

Ma quando sarà finita pronto mi troverà!

 Chi troppo in alto sal cade sovente

Precipitevolissimevolmente

Per non dir di chi ride di venerdì

Che piange sabato                                   

Domenica e lunedì

 Il corpo muore ma

Resterà,viaggerà, l’anima

E anche un cretino l’ha, è stupido

ma da morti si migliora tutti un po’

 Chi muore giace chi vive si dà pace

Parlo di corda in casa dell’impiccato?

Ne uccide più la lingua che la spada

Ma pare che ogni risata

Ne uccide più la

ogni risata

Ne uccide più la

ogni risata

tolga un chiodo alla bara/ la lingua che la spada

(Giuseppe Ungaretti… la morte si sconta…)

 

Ero pianista

La malinconica ex insegnante di pianoforte di mezza età, che vive nella pensione e interroga curiosa Adriano Meis

[intro e coda Valse op. 18 in Mib maggiore di Fryderyk Chopin]

 se mi se mi se mi

si mi do si mi do

e se mi dessi mi darei

 Ero pianista

Svanito è il mio tocco

e alcolista mi abbiocco però 

se mi se mi se mi

si mi do si mi do

e se mi dessi mi darei

soltanto col cuor

 Non ero bella

Ma ormai carampana e

zitella i mie giorni son bui

si mi si mi si mi

si mi do si mi do

e si si che mi darei!

A te come a lui

 Se son sfioriti gli anni buoni

In futili passioni pur

avvizzita il cuore è avvezzo al rondò

maschi cialtroni e filibustieri

benché mascalzoni

io vi amo ancor, solo io

 suona la sonata

stride la mazurka

prendi la sbandata

balla anche la polka

valzer di notturno e di sconcerto 

con l’arpeggio singhiozzìo

sempre di un addio

 se mi se mi se mi

si mi do si mi do

e se mi dessi mi darei

 Sola cincischio

pianista ormai mesta

E m’immischio di ciarle e viavai

se mi se mi se mi

si mi do si mi do

e se mi dessi mi darei

più ora che mai

 Davo lezioni

e insegnavo il solfeggio

e in soldoni non ho niente più

sol sol fa sol sol fa

sol do fa sol do fa

anche i miei risparmi via

e giù, sempre più giù

Se gli anni belli son fuggiti

dei sogni miei appassiti

turlupinata, inaridita giammai

vanesi uomini maschi mezzani

Caimani ruffiani

Ma vi amo ancor, solo io

 suona la sonata

stride la mazurka

prendi la sbandata

balla anche la polka

valzer di notturno e di sconcerto 

con l’arpeggio singhiozzìo

sempre di un addio

 Perduto è il tocco

pianista trabocco

d’amore etilista perché

se mi se mi se mi

si mi do si mi do

e se mi dessi mi darei

a te che non vuoi

me                                                 

 

Sono Sincero

Per tornare a parlare con gli altri, Adriano Meis è costretto a mentire, ad inventare, forse però più sincero che mai

Ueh!

[PETTINE]

Non ce la raccontare!

  Sono sincero

parlo con gli altri

racconto chi sono

e ci credo davvero

  E se mi azzardo

parlo anche da solo

invento comunque

ma non da bugiardo

Le storie da ripetere allo specchio sono ormai

solo quelle contro i filistei

di bambole dalle guance pallide

e di fughe nelle altre città

Sono sincero e non bugiardo

finché non mi ascolto

finché non mi guardo

[PETTINE]

Non te la raccontare!

  Sono sincero

dico il mio nome

suonando campane

battendo il tamburo

  Dici sul serio

che ti confondo

girando più in fretta

del sangue a Macondo

Le storie dette e scritte a quel furetto che non sei

son promesse fatte ai farisei

alle bambole che per occhi han mandorle

snocciolate di loquacità

Sono sincero e non bugiardo

finché non mi ascolto

finché non mi guardo

Ueh!

 

Opportuno

(il cattivissimo e scaltro Terenzio, che controlla tutti i movimenti del nuovo venuto, pronto a tendergli un tranello)

Squi da li ba du    da da bliu de

Fli bo fla bo fle bo   du ba, du be be

Squi da li ba du    da da bliu de

Fli bo fla bo fle bo   sca taa

 Senza un cattivo chi incolperò

Senza un capro che ci copra e ci crepi non si può

L’ottima scusa che lui ci dà

Senza un boia senza una ghigliottina non c’è faust

  Solo al momento opportuno,

tra i tanti io sceglierò                                       

non sbilancio, non dispregio, si sa mai

Non ammanco non eccedo so parlare so tacere

Non recido ma recedo per tornare poi a vedere

 Solo al momento opportuno, quello che serve farò, per il resto lascio che facciate voi

Tutti quanti sono amici son compagni o camerata, cinemino caffettino battutina chiacchierata

 faccio pubblica relatio, tutti possiamo servire, alla relativa publicazzio, néh?

sono solo interessato a tutto ciò che mi interessa e tutto quanto è interessante se intravedo un mio interesse

solo al momento opportuno, e sempre non sia sconveniente, e come è apprezzato anche in società

  Solo al momento opportuno, e non m’inimico nessuno

Non salto sul carro, l’ho guidato io

Sguscio a lato riverisco se non me importa un fischio

Se conviene mi appropinquo ed altrimenti non m’immischio

 Solo al momento opportuno, quello che serve farò, tutto il resto lascio lo diciate voi

Dicono sia arcifanfano viscido nero cagliostro arido calcolatore ti speroni con un rostro

Ma tutti, nepoti e clienti o conoscenze influenti, sanno di poter contare su di me

Affidabile e solerte disponibile e disposto portaborse portapacchi portatutto porto a casa

sempre ne cavi qualcosa, e solo se sia conveniente, e come è apprezzato anche in società

 Squi da li ba du    da da bliu de

Fli bo fla bo fle bo   du ba, du be bU

Squi da li ba du    da da bliu de

Fli bo fla bo fle bo   du ba, du be bA

Squi da li ba du    da da bliu de

Fli bo fla bo fle bo   du ba, du be bI

 Senza un cattivo chi incolperò

Senza un capro che ci copra e ci crepi non si può

Senza un cattivo come si fa

Senza un capro che ci copra e ci crepi non si va

Senza un cattivo e sei proprio tu

Senza un capro che ci copra e ci crepi un Belzebù

L’ottima scusa vale poiché

Senza un boia senza una ghigliottina non ce n’è

 

 

Cabaletta tra virgolette/Beate Marionette

L’ennesimo rigurgito di consapevolezza negli sconclusionati dialoghi col signor Anselmo e piccola riflessione tipicamente pirandelliana

sullo spettacolo nello spettacolo (con doverosa stoccata iniziale ad abusati intercalare che solo calano)

 

Parlato: “tra virgolette”

Nel senso che

Come Dire

Nel senso che

Come Dire

Nel senso che

Come Dire

Come

Dire

Tra Virgolette

Nel senso che

Nel senso che

Come Dire

Come

Dire

Tra Virgolette

Nel senso che

Tra Virgolette

Nel senso che

Senso

Tra Virgolette                                       

Nel senso che

Nel senso che

Che senso è

Che senso fa

 Erano beate ignare marionette

Tutte intente in opre e in caduche operette

C’è uno squarcio nel cielo di cartapesta

L’ha veduto il guercio e l’orbo anche l’avvista

 Un lampo nel buio acceca le civette

Scosse elettriche percosse da saette

Un teatrino piccolo, ma ci bastava

Tutta glassa e alla gran cassa si ballava

 Il maremoto annega tutte le sciacquette

Terremota giù dai tacchi le soubrette

È l’avanspettacolo della commedia

Vedi le rotelle sotto la tua sedia

 Le acque chete conservate ormai in provette

affondate in un’ondata le corvette

sulla scena c’era Oreste e il grande artista

ora Amleto ciabattante alla rivista

Parlato: “tra virgolette”

 

Maschere nude

Un canone sospeso nel buio dei 40 gironi tipici di ogni penitenza, nel passaggio tra due diverse condizioni fisiche e morali

 

Io sento forte uno scricchiolio

Stando dentro di me se

Dio non mi vede

Io guardo lui

Io sono quello che vedi Dio

Forse al buio non vede

Dio non mi crede

Io credo a lui

Io a me stesso chiedo un rinvio

Pesto il buio e lo sgretolio

Sotto i piedi è oblio

E salto giù

Io qui presente ma è sparpaglio

da distante di altro di mio

salto al buio

Dio sempre là

Io perdo insieme a me stesso il mio

Adesso il prima il poi sgocciolio

E formicolio

Del mio

Dio sente in cielo il mio bisbiglio

Insieme al grido e allo sciabordio

Tutto umano

mio baccano 

tutte agghindate nel buio

sono spogliate alla luce

maschere nude: scudi, scuse

 

 

Materia, unica; pensiero, unico

Nell’ennesima digressione filosofica il signor Anselmo,  in fondo la sola mente davvero pensante della vicenda,  sottolinea l’ indispensabile capacità di aver  fede

 

Dire dove andiamo e da dove veniamo

Non facile, non futile, difficile

Non discorro a sorte: arte amore morte

I soliti, ma solidi, soli validi perché

 Solo materia fossimo

Un verme ti si mangia già

Che miseria l’esistenza mia

Un germe ti sopravvive!

 Nella tua arteria sclerosi

Inerme è il corpo che non sa

Tanta boria e tante ecchimosi

Conferme non ne dà

 E di sentirci vivere

Forse una feria inutile

E sforzasi di comprendere

Le idee tutte in Siberia!

 C’è una materia unica

Mescoli il sasso all’etere

Ora anche il pensiero è unico

Ognuno pensa a sé

 La verità, la scienza esatta

dacci le prove, non rave

La verità, la scienza esatta

Parlano i fatti, mute le fave

 C’è, vedrai che c’è

Ci sarà, devi aver fede

Che non può,  finire qui

Credici, altro, sicuro c’è

 Lanterne,  il buio ci agita

Baldoria fino all’ultimo

In caverne filosofiche                       

Gloria fama successo?

 La cattiveria  domina

presto giberne scariche

La maceria ci seppellirà

Faremo come Verne!

 Materia ma molteplice

Giaculatoria a mantice

C’è una vittima e un carnefice

Storia la fa chi vince

 Nella tua arteria sclerosi

Inerme è il corpo che non sa

Tanta boria e tante ecchimosi

Conferme non ne dà

 La verità, la scienza esatta

dacci le prove, non rave

La verità, la scienza esatta

Parlano i fatti, mute le fave

La verità, la scienza esatta

dacci le prove, non rave

La verità, la scienza esatta

Parlano i fatti, mute le fave

C’è, vedrai che c’è

Ci sarà, per chi ci crede

Che non può,  finire qui

Credici, altro, sicuro c’è

 Un verme ti si mangia già

 Un germe ti sopravvive!

 Nella tua arteria sclerosi

 Tanta boria e tante ecchimosi

 Baldoria fino all’ultimo

 Gloria fama successo?

 C’è una materia unica

 Ora anche il pensiero è unico

 La verità, la scienza …..

 C’è, vedrai che c’è

Ci sarà, devi aver fede

Che non può,  finire qui

Credici, oltre, sicuro c’è

Una ed unica    solo ed unico

Una ed unica    solo ed unico

Una ed unica    solo ed unico

Una ed unica    solo ed unico

 

Batte un colpo se ci sei

(durante la seduta spiritica l’errabondo Mattia e la dolce Adriana si dichiarano il loro possibile amore, ma gli altri…)

 

 Stiamo attenti quieti e muti

Quelli andati son tornati

A dirci, forse a farci?

Batti un colpo se ci sei

Con due colpi dicci sì

Perché così?

 Stiamo attenti  mai distratti

Ascoltiamo e stando zitti

Atti, non concetti

noi credendo all’immanenza

Ne avvertiamo la presenza

egenza?

 Io sono qui

Stringo la tua mano

Ora è questa la tua casa

Tutto il resto è già lontano

Ma tu chi sei?

Dove porterai

Al tuo passo tutto il mio cammino  

 Era da un po’

Che mi domandavo

Sarà solo incuriosito

O davvero innamorato

Una bugia

Questa melodia?

Suona partitura questa musica

 Sono un’anima irrequieta ma

Vibro musicante con la tua

Solo accanto a te

Sembra non sia più

la realtà che mai

mi vorrà fra i suoi

 Di fuggire dal destino mio

Lo volevo, non lo voglio più

Ora ci sei tu

Ricomincia qui

Resterò finché

Sentirò così

 Chi ci piace di evocare                       

Chi vorremmo come ausilio

Dante

o Virgilio?

Chi cerchiamo come guida

Chi temiamo come Giuda

giudica

 Chi ci sembra possa avere

Un messaggio da inviare

Un tasto da toccare

Che ci infonda anche coraggio

Proferisca come un saggio

verità

 Son qui per te

quanto ti ho aspettato

ero quasi rassegnata

finalmente sei arrivato

sei proprio tu?

chi cercavo io

O sento ciò che spero di sentire?

 Son stata qui

Tutto questo tempo

Ho tenuto al mio silenzio

Mi ha stordito come assenzio

Ma se vorrai

Io ti parlerò

E col tuo vero nome io ti chiamerò

 Come puoi chiamarmi non so più

Scegli pure un nome, scegli tu

Quello sarò io

E il resto, se c’è

Per te cambierò

Sai meglio di me

 Che scappare sempre non si può

O stando fermi e chiusi illudersi

Forse non sei tu

E nemmeno io

Ma se lo vorrai

Io ci proverò

Mmm mmm

NOMI COGNOMI E CODICI FISCALI

 

Sfora le palanche! (ripresa)

(Il furto sancisce l’impossibilità della nuova esistenza di Mattia al di fuori delle convenzioni sociali)

 

Il contante le finanze liquidi

che sono sostanze

mi han sforato lo stipetto

il concetto ha preso il volo

gli averi i fondi i capitali

il patrimonio persino

pura convenzione

conta bile astrazione

 

 

 

Si spegne cosi'

(la nuova vita di Adriano Meis si interrompe bruscamente, con un semplice biglietto di addio)

 

Una stella che cade giù

La meteora che cade giù

 

 

 

Epitaffio e Passerella

Nessuno più si cura del redivivo, che torna nella sua polverosa biblioteca

COLPITO DA AVVERSI FATI

MATTIA PASCAL, BIBLIOTECARIO

CUOR GENEROSO, ANIMA APERTA

QUI VOLONTARIO RIPOSA

LA PIETA' DEI CONCITTADINI

QUESTA LAPIDE POSE

 

Fu

Mattia

Pasqual

Final

Musical

Mattia

Pasqual

Final

Musical

Mattia

Pasqual

Final

Musical

Mattia

Pasqual

Final                                                     

 

Muse tutte deluse questioni spinose che

Se

Il sé

Non fosse cosciente e scordasse all’istante

 ma lascia stare le coscien tse tse tse tse

Omertose reticen  tse tse tse tse

Fu

Mattia

Pasqual

Final

Musical…

Musa ti chiedo scusa se ti ho vilipesa ma

Qui

Per voi

Si chiude il programma ma si apre il dilemma

Di chi mi guarda dallo spe

chio chio chio chio

Se è il corpo o l’anima che la

sciò sciò sciò sciò

E sarò vivo anche da mor

tor tor tor to

Sarò vivo? Putativo Transitivo tencioattivo Vocativo Sostantivo Volitivo

Cognitivo connettivo lavativo eccessivo Conclusivo distintivo persuasivo eversivo abrasivo abusivo dispersivo esclusivo 

Sono atteso in paradiso

 

Mi han chiamato all’improvviso

Oh! Oh!

Sono atteso in paradiso

Sì! Sì!

 L’arte di saper morire

La mia fine cellulare

Programmata naturale

Non la riesco a concepire

Il mio slancio equilibrista

Tende un filo tra le cose

L’ombelico tiene l’asta

Se non guarda giù

Batte le ali scuote il cielo

Squarcia il velo l’angelo che è in volo

 Fossi il primo che l’avvista

O l’ultimo della lista

Fosse l’ira sua funesta

O la mensa mia d’arpia

Come l’acqua cade in terra

E poi risale su dal mare

La tua apparizione appare e non se ne va più

Mi ha sorriso mi ha preteso

Anche se sono indeciso vado

 Mi han chiamato all’improvviso

Oh! Oh!

Sono atteso in paradiso

Sì! Sì!

 Si tramuta l’acqua in vino

E non è una circostanza

Non ci credo nel destino

Nel fato nel caso mai

E’ finito il mio confino

Nella terra di nessuno

Mi alzo come un palloncino

Sopra il luna park

Mille le tue meraviglie

Giochi la tua sorte a biglie e vinci

 Non mi tolgo dalla testa

non mi faccio dire basta

Petto in fuori e lancia in resta

Cherubino o putto mio

L’arte di saper morire

Parte dal saper cambiare 

E l’angelo sterminatore se ne è andato via

L’angelo ribelle cade dalle scale ma non si fa male

 Sono atteso in paradiso: qui!

                                          

                                                                        Tutti i brani sono composti scritti ed arrangiati da Marte Costa © SIAE 2002